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[Intervista] Il formatore/blogger: supportare l’imprenditoria africana

Fatte le valigie? Il passaporto è valido? Tutto pronto? Oggi si parte!
Andiamo in Africa passando per la provincia di Varese e facciamo 4 chiacchiere con Martino, che… beh, leggete voi!

Ciao! Parlaci un po’ di te
Ciao! Sono nato 31 anni fa in una famiglia di musicisti professionisti. Oltre alla musica (classica del ‘600/’700, soprattutto Bach) ho respirato due qualità che ritengo fondamentali nella vita: creatività e determinazione. 
Ho studiato pianoforte e composizione in conservatorio ma intorno ai 16-17 anni ho capito che la musica non era la mia strada. Ho iniziato invece a praticare atletica (mezzofondo) senza raggiungere grandi risultati come atleta ma appassionandomi del continente africano, contesto da dove arrivano i migliori corridori e maratoneti.
Convinto che approfondire le dinamiche della politica e economia internazionale era fondamentale per capire come “gira il mondo” e cercare di renderlo migliore ho studiato Relazioni Internazionali. Ho fatto in modo di fare sempre gli esami in tempo e viaggiare molto (tutte le estati dai 16 ai 23 anni, come volontario o lavoratore). 
A 24 anni, prima di laurearmi, ho vissuto un anno a Nairobi come Servizio Civile. Lì ho capito che avrei voluto lavorare nel settore del supporto alle imprese e startup locali. Sono rientrato in Italia, mi sono laureato, ho mandato un CV a una multinazionale di consulenza aziendale che mi ha assunto a tempo indeterminato. 
A 27 anni mi sono sposato (con Maddalena, insegnante di Italiano), a 28 mi sono licenziato per collaborare con ALTIS (Alta Scuola Impresa e Società) dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Si trattava di sviluppare una rete di università in Africa che offrissero dei Master internazionali per imprenditori locali in partnership con la Cattolica. Nel 2015, al termine di EXPO, questa iniziativa è diventata la fondazione E4Impact, di cui oggi sono Business Development Manager.
 
Ci racconti bene bene che lavoro fai?

Il mio ruolo è difficile da riassumere in una parola. Coordino programmi di formazione universitaria per imprenditori in Africa. Di fatto gestisco l’erogazione di Master internazionali attivi (con docenti italiani e locali) in Senegal, Costa d’Avorio, Sierra Leone, Ghana, Etiopia, Kenya, Uganda e Ruanda. Anche se formalmente non è così, mi sento più un imprenditore che un manager (ho rischiato il mio contratto e scommesso l’intero mio percorso lavorativo su questo progetto).

 
Descrivi la tua giornata tipo (sempre che ce ne sia una!) 
Non ho veramente una giornata tipo e sono molto contento di questo. Cerco di iniziare con un po’ di sport a giorni alterni (corsa o bici, dalle 6 alle 7 di mattino). Il resto è ufficio tra email, call su Skype, chat su WhatsApp (sempre la cosa migliore con i colleghi africani!), riunioni con colleghi o potenziali partner/clienti italiani (imprese che sponsorizzano borse di studio o programmi personalizzati). Spesso e volentieri nei fine settimana lavoro dal cellulare per coordinare le attività in giro per l’Africa.
Circa una volta ogni due mesi viaggio in uno/due paesi per 10-15 giorni. In quel caso lavoro unicamente a risultato (es. completare un corso, organizzare un evento, stringere nuove partnership, effettuare percorsi di consulenza a ex allievi, ecc.) 
 
Che cosa ti piace di più del tuo lavoro?
La possibilità di viaggiare e conoscere nuove culture e persone. L’emozione di aver creato da zero qualcosa che prima non esisteva.

Quello che cambieresti?
Vorrei ridurre la burocrazia legata all’erogazione del titolo di studio (gestione carriere studenti, riconoscimento equipollenza del valore legale in Ambasciata, ecc.)
Vorrei riuscire a lavorare di più da casa, visto che comunque oltre l‘80% del mio tempo lo trascorro seguendo le università partner in Africa.

Da piccolo, cosa rispondevi a chi ti chiedeva “cosa vuoi fare da grande?”
Fino ai 6 anni: il camionista.
Dai 6 ai 10 anni: il compositore 
Dai 10 ai 14 anni: l’imprenditore
Dai 14 ai 18 anni: il giornalista
Dai 18 ai 23 anni: lavorare nella cooperazione allo sviluppo
Dai 24 ai 27 anni: il manager 
Dai 27 a oggi…: quello che sto facendo. Praticamente un mix di tutto ciò che ho desiderato dalle scuole medie in poi… 
Ovviamente non mi sento né sentirò mai “arrivato”


Hai sempre saputo di voler fare questo lavoro, o l’hai capito più tardi? E come l’hai capito?
Via via ho sviluppato una passione maniacale per l’Africa. Lo lego molto all’atletica (scoperta al liceo) che mi ha portato ad avvicinarmi con rispetto e grande ammirazione ai campioni kenyoti ed etiopi. Ho sempre sognato un mondo in cui chiunque, indipendentemente dalla latitudine a cui nasce, avesse le stesse opportunità. Purtroppo non è ancora così anche se a livello globale in questo senso è meglio oggi di venti o trent’anni fa (anche se in Italia la situazione è al contrario peggiorata).

Come ti sei preparato per il tuo lavoro?
Ho sempre letto moltissimo (almeno un libro a settimana, spesso anche due) al di là di esami/scuola. Non ho mai fatto corsi specifici (corsi brevi o master) ma piuttosto cercato sempre di essere curioso, di studiare per conto mio su internet e conoscere chi già lavorava nel settore. Fondamentali sono state le esperienze all’estero (per imparare le lingue che uso quotidianamente: inglese e francese) e le attività di volontariato (dall’oratorio come animatore, all’ideazione e gestione di una gara di corsa, il Circuito Serale di Orino, al supporto dato all’espansione italiana di Run2gether, un team di atletica austriaco che fa correre atleti kenyoti a scopo sociale).

Quanto impegno hai messo nel progettare il tuo percorso professionale e quanto invece pensi abbia inciso la fortuna, il caso?
La fortuna aiuta gli audaci. È sempre un mix.
Un punto chiave è costruirsi un solido network (una rete di persone che si fidano di voi) che rappresenta la chiave di volta per arrivare a molte opportunità in organizzazioni medio-piccole che non pubblicano annunci di lavoro (anche perché non hanno una funzione HR addetta alla selezione e ai colloqui).

Sfatiamo qualche mito o luogo comune legato all’economia africana…e invece quali sono assolutamente reali?
Innanzitutto l’Africa è un continente enorme (un miliardo e 200 milioni di abitanti). Non un paese! E non può essere ridotta a povertà/malattie/guerre. C’è di tutto ed è tutto in veloce trasformazione. Ci sono tanti problemi, di cui non secondario è quello culturale dato dalla colonizzazione europea finita solo 50 anni fa. La cosa indubbia è che c’è una voglia di fare, di rischiare, di provare a fare qualcosa che non si respira più in Europa. 

Martino con il Prof. Fiocca in Sierra Leone


Cosa diresti a chi sta pensando di lavorare, da grande, in un Paese in via di sviluppo?
Che non ha più senso dividere il mondo in “primo mondo” e “paesi in via di sviluppo”. Il centro del mondo non è più l’Europa ma l’Asia. L’Africa sarà sempre più importante e le opportunità di lavoro sempre meno legate all’aiuto” e invece più alla partnership e all’investimento in loco. Da pari a pari. Rispetto al vecchio detto “non dare il pesce, ma insegnare e pescare” non pensate più di tanto a “insegnare a pescare”. Pensate piuttosto di “pescare insieme” e, così facendo, di imparare voi a pescare in un modo differente.  
Sono fondamentali le lingue: inglese, francese e almeno una lingua non europea. Cinese, arabo, hindi, kiswahili. Scegliete un’area, appassionatevi e diventate esperti.
Interessante anche unire alla conoscenza di un’area geografica specifica un settore/processo particolare. Unendo queste due cose vi create una “nicchia di mercato” in cui risaltate automaticamente (faccio un esempio: Marocco e agricoltura biologica, oppure Sud-Est Asiatico e turismo responsabile… ecc.) Anche se i percorsi universitari non vanno affatto in quella direzione.

Hai anche un blog, Vadoinafrica.com: ce ne vuoi parlare?     
L’ho avviato in Marzo di quest’anno per condensare le mie riflessioni e dare consigli a tutti coloro che vogliono lavorare o realizzare un proprio progetto in Africa. Penso che incoraggiare i giovani italiani a guardare all’Africa in un modo differente, né sfruttatore né di aiuto paternalista, sia fondamentale per i giovani africani che hanno bisogno di partner alla pari e per gli italiani che troppo spesso finiscono a Londra o Berlino a fare i camerieri senza dare un senso alla loro permanenza all’estero.
Consiglio a tutti di avviare un proprio spezio web. Ma non un diario (quello fatelo in privato o sui social personali!), bensì un sito specifico su un argomento che vi interessa particolarmente. 
 
Recentemente la tua anima artistica/musicale è tornata a galla. In che modo?     
Esattamente! Ho sempre continuato a suonare il pianoforte, soprattutto in duo con mio fratello Benedetto, educatore e percussionista. Poche settimane fa abbiamo deciso di lanciarci come duo ibrido tra musica (jam session tra classica e jazz) e cabaret demenziale. Siamo “The Baluba Brothers” e il nostro canale di comunicazione è per ora l’omonima pagina Facebook dove, ogni lunedì, pubblichiamo un breve video.
L’obiettivo è aiutare le persone a capire che un po’ di sana autoironia e di costante messa in discussione “sapendo di non sapere” è la base per vivere bene. In ogni campo.

The Baluba Brothers durante un’esibizione in Feltrinelli a Milano


Ti ringrazio per il tempo che ci hai dedicato. Tra l’altro hai passato dei concetti, legati alla ricerca del lavoro, che anche qui ribadiamo sempre con convinzione: l’importanza del network, della preparazione, delle esperienze extra lavorative… 
 
Se ti va, sei libero di aggiungere un pensiero, un aneddoto, un consiglio, una citazione, un’immagine o quello che vuoi.
Appassionatevi di qualcosa e puntate a diventarne i massimi esperti. Non ascoltate chi vi dice “studia questo, studia quello così hai un lavoro sicuro” Tutte balle! Il lavoro sicuro non esiste più, manco per chi va a lavorare in banca o in ospedale! E i lavori per cui vi fanno studiare oggi non esisteranno più tra dieci anni!
Siate sempre curiosi e pensatevi, già a 14-16 anni come imprenditori di voi stessi. L’imprenditore il lavoro non lo cerca, ma lo crea. Per sé in primis e poi anche per gli altri. 
Fate in modo di creare valore, non di consumarlo (es. anziché guardare solo video su YouTube, imparate a caricare i vostri). È incredibilmente più bello, appassionante e motivante! Frequentate posti come incubatori, Fablab, spazi di coworking e provate ad avviare una vostra attività, anche creativa, da giovanissimi. Rischiate meno e potrete imparare tantissimo anche se poi scegliete di fare tutt’altro. E guardate ogni problema come a un’opportunità per migliorarvi.
  
Vi aspetto su: www.vadoinafrica.com (iscrivetevi alla newsletter!)
Twitter: @vadoafrica
 

Per saperne di più sul progetto avviato con l’Università Cattolica: www.e4impact.org


Le foto di questo post sono tutte di Martino, che ci ha gentilmente permesso di pubblicarle.

* Ti è piaciuta l’intervista? Vuoi leggerne altre? Le trovi tutte alla pagina La Bussola!
 

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