Ed eccoci qua con la prima della (spero lunga!) serie di interviste che ho anticipato nell’ultimo post… e per iniziare un po’ tranquilli, restiamo in famiglia e accogliamo un vero e proprio artista, che hai già potuto vedere all’opera direttamente qui sul blog: è suo infatti il frontespizio che trovi in cima alla pagina, ma se sei curioso di vedere dell’altro, ti rimando direttamente alla sua gallery su DeviantArt.

Partiamo con una professione sicuramente non convenzionale, non di quelle a cui mamma e papà di solito pensano per i propri pargoli ma, come leggerai tra poco, una di quelle che non poteva proprio restare solo un sogno irrealizzato.

 

Ciao! Intanto grazie per il tempo che ci dedichi. Vuoi parlarci un po’ di te?
Mi chiamo Gigi Cavenago, classe 1982, ho fatto il liceo scientifico e un paio di anni alla Scuola del Fumetto di Milano, poi un breve corso di grafica pubblicitaria, dopodiché ho iniziato subito a lavorare.

 

Ci racconti bene bene che lavoro fai?
Disegno fumetti e faccio l’illustratore. Son due cose diverse: fare fumetti significa raccontare una storia con una sequenza di disegni (le vignette), l’illustratore dice quello che deve dire in una singola immagine.

Al momento lavoro quasi esclusivamente per la Sergio Bonelli Editore. Il mio primo incarico con loro è stato nel 2008 quando ho esordito su una miniserie di nome “Cassidy” scritta da Pasquale Ruju, poi son passato alla prima miniserie di fantascienza a colori: “Orfani”, di Roberto Recchioni ed Emiliano Mammucari.

Infine sono approdato a Dylan Dog, per il quale ho realizzato una manciata di copertine fuori testata, un numero a colori speciale (Mater Dolorosa) per celebrare i 30 anni del personaggio, e da qualche mese sono il copertinista ufficiale della serie regolare.

 

gigicavenago

 

Com’è la tua giornata tipo (sempre che ce ne sia una!)?
Non ce n’è un solo tipo, ce ne sono due: la “giornata si” e la “giornata no”. L’unica parte di controllo che posso avere è sulla scelta degli orari. Nei periodi in cui riesco a darmi una disciplina cerco di svegliarmi attorno alle 7.00/7.30. Inizio a lavorare un’oretta dopo e tiro fino a mezzogiorno, pausa fino alle 14.00 e da lì fino alle 19.00 di sera. Poi, se sono nei guai con le scadenze o son “preso bene” da quello che sto facendo ci butto altre due o tre ore di lavoro serale.
A quel punto, se faccio la nottata, tutti gli orari slittano in avanti per un pezzo: il mattino dopo mi alzerò tardi e tirerò ancora più tardi.

A differenza di chi lavora in un ufficio, le giornate passano decisamente in solitaria, niente pausa caffè coi colleghi, per dire, ma la buona notizia è che adesso grazie ai social si può sempre avere un contatto con qualcuno, dio benedica Skype.
Lavorare mentre si parla con un collega è come avere un compagno di banco.

 

Che cosa ti piace di più del tuo lavoro?

E’ difficile da esprimere, ma credo che i lavori “artistici”, se fatti con un certo approccio, possono raccogliere il meglio della persona che li fa. Tutte le qualità, le conoscenze, le attitudini finiscono dentro l’opera e ci rimarranno sempre.
Forse è una visione un po’ romanticizzata della cosa, e si tratta pur sempre di un lavoro con scadenze e necessità esterne, ma in un lavoro come questo è anche possibile unire la spinta artistica con un’etica professionale senza che le due cose entrino necessariamente in conflitto.

gigicavenago

Hai voglia di confessarci anche quello che ti piace di meno? O quello che cambieresti?
Ho sempre sofferto le scadenze, quando lavoro mi piace avere il tempo per  esplorare tutte le possibilità, “prepararmi per la parte” in termine di documentazione, stile, riferimenti. Ma è chiaro che lavorando per una testata mensile le scadenze restano un punto fermo.

 

Hai sempre saputo di voler fare questo lavoro, o l’hai capito più tardi? E come l’hai capito?
Ho sempre avuto una certa affinità al disegno e un amore per i racconti fin da piccolo. Credo di aver cominciato a immaginare di fare il disegnatore di fumetti in prima media. Ho capito che ci tenevo davvero quando tutti quelli che interpellavo mi parlavano della crisi del settore, della difficoltà di entrare nell’ambiente… In pratica alle convention del fumetto sembrava che facessero a gara per dissuadermi, e ad ogni incontro mi accorgevo che non me ne fregava niente: volevo fare fumetti.

gigicavenago

La vocazione, certamente assieme alla passione, è un punto di partenza, ma entrambe non bastano, giusto? Serve anche della formazione specifica: come ti sei preparato per il tuo lavoro?
Come dicevo, non ho fatto studi artistici, mi son diplomato a un liceo scientifico e poi ho cercato di recuperare frequentando la Scuola del Fumetto di Milano e un corso all’Istituto di arti grafiche Rizzoli.
Il guaio di questo mestiere, come ho sentito dire spesso, è che “si può imparare ma non si può insegnare”. Ora, se anche non mi posso dire d’accordo al 100% con questa affermazione, è anche vero che c’è un fondo di verità: per un lavoro come questo (e molti altri) bisogna esserci portato, avere una certa forma mentis.

Oltre a corsi e scuole quindi il grosso del lavoro lo deve fare lo stesso aspirante, deve leggere, essere curioso, andare oltre lo svago iniziale e cercare di sezionare la materia. Ogni tanto sento qualche scrittore che si lamenta dei giovani aspiranti tali che non leggono romanzi. Succede anche nel fumetto: gente che crede di potercela fare e che crede di conoscere il fumetto perché ha visto Ironman al cinema.

 

Cosa diresti a chi sta pensando di fare da grande il tuo lavoro?
Di prepararsi a fare delle scelte radicali: è un mestiere che per esser fatto come si deve, deve diventare quasi totalizzante, un chiodo fisso.

gigicavenago

Cosa diresti al “giovane te stesso” di quando avevi 10/15/20 anni?
In tutta onestà gli direi “Continua così, se ti dico a cosa sto lavorando adesso non mi crederesti”. Poi gli direi altre cose, ma son faccende private…

 

Sei contento di quello che fai o, potendo, torneresti indietro? Perché?
Lavorativamente parlando, ho avuto più di quanto mi aspettassi. Sotto questo punto di vista non ho rimpianti, semmai qualche sogno nel cassetto.

 

E naturalmente ti auguriamo di poterli realizzare! 

Tutte le immagini presenti nel post sono di proprietà dell’autore, che ce ne ha gentilmente concesso l’utilizzo.

* Ti è piaciuta l’intervista? Vuoi leggerne altre? Le trovi tutte alla pagina La Bussola!

2 comments

  1. Stefano Pan 11 Gennaio, 2017 at 08:50 Rispondi

    Gigi, oltre a essere un grande artista, dimostra di essere anche una persona estremamente preparata e “sempre sul pezzo". Grazie Chiara per la tua intervista. 🙂
    Stefano

  2. ChiaraTaz 11 Gennaio, 2017 at 08:53 Rispondi

    Grazie a te Stefano per il tuo commento!
    È importante per me, per lo scopo che mi porta a fare queste interviste, che emerga il fatto che non ci si debba improvvisare mai, in nessun lavoro: occorre trovare sempre il modo di formarsi e aggiornarsi. E Gigi lo conferma.

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