Questo è un post cattivo…
…lo tenevo in serbo per un giorno in cui sarei stata particolarmente stufa di sentir parlare di disoccupazione così a caso, senza considerare elementi che vanno oltre la crisi generale (e che diventa una bella scusa, alle volte).
Io mi rendo conto di essere una privilegiata, lo so e ringrazio ogni giorno per questo. Ma dall’alto del mio privilegio mi permetto di giudicare (nel senso di dare un giudizio mio, un parere) alcune situazioni che ciclicamente si pongono alla mia attenzione, perchè ho anche la convinta presunzione di credere che, se un domani fossi a casa a cercare lavoro, piuttosto che niente accetterei anche “piuttosto”.
Cosa mi fa arrabbiare:
– Sono a casa e sto cercando lavoro, però qui a Milano, però raggiungibile con i mezzi al massimo entro mezz’ora, possibilmente evitando la metropolitana, e però con un solo cambio di mezzo.
– Sono a casa da 6 mesi però non accetto i lavori a tempo determinato, men che meno il contratto a progetto o l’interinale.
– Sto cercando un lavoro che mi realizzi, mi sono laureato 6 anni fa in Filologia Romanza con specializzazione sui Trovatori del Liechtenstein meridionale e non trovo nulla inerente i miei studi.
– Sono in cassa integrazione: bhè, intanto mi faccio tutta la cassa, che è un mio diritto, poi ci sarà la mobilità e magari quando è finita quella cerco qualcosa (e intanto sono passati 3 anni, il mondo è andato avanti, e tu?)
“E però faccio fatica a trovare lavoro e non capisco: sarà la crisi. E c’è anche un sacco di gente raccomandata”
Sulle “raccomandazioni” parleremo sicuramente in un’altra occasione. Quello su cui voglio sfogarmi qui è la pretesa di ricevere tutto senza sforzo, senza un po’ di sacrificio o di compromesso.
Se si può scegliere ben venga, ci mancherebbe, ma a volte bisogna adattarsi, se si vuole avere un lavoro. Ovviamente ci sono delle necessità oggettive, dei paletti dati dall’organizzazione famigliare, vincoli irremovibili: altrettanto ovviamente, non è di questi che parlo.
Mi fa arrabbiare chi non fa lo sforzo di essere più flessibile e dimostra pretese assurde anche in un momento di bisogno, come quel padre di famiglia che ho seguito anni fa: 2 figli piccoli a carico, moglie a casa. L’azienda per cui lavorava come operaio aveva avviato una procedura di mobilità che coinvolgeva una ventina di persone, tra cui lui, che per tutta la vita aveva lavorato sempre e solo nella stessa città (hinterland milanese). Ha rifiutato delle offerte di lavoro in aziende del paese immediatamente confinante…
Choosy?
Sono convinta che valga sempre la pena seguire i propri sogni e cercare il lavoro ideale, sia da giovani che si affacciano sul mondo del lavoro per la prima volta, sia da adulti nella condizione di doversi ricollocare; ma siccome il pane che mangiamo è reale, occorre darsi un limite entro cui dedicarsi esclusivamente all’inseguimento del proprio sogno, per poi aprirsi altre strade più concrete quando il sogno tarda ad avverarsi.
E per ora mi fermo qui.
No, tranquillo, non sto parlando di te. Presenti esclusi, ovviamente. Sempre.
Ma diamo pure il via al dibattito.