The Great Resignation: una scossa ai valori

La chiamano Great Resignation, o anche The Big Quit: da questa primavera negli Stati Uniti si sta registrando un notevole aumento delle dimissioni volontarie da parte dei lavoratori e negli ultimi 3 mesi anche qui in Italia si inizia ad osservare questo fenomeno.
Ora, i dati che abbiamo a disposizione sono ancora pochi, ma alcune considerazioni è possibile iniziare a farle, a partire da una grossa domanda: c’entra la pandemia?
Il lockdown ha veramente costretto le persone a riflettere sul senso della loro vita e sul valore del tempo che trascorrono al lavoro? Oppure è un fenomeno iniziato ancora prima e arrivato al culmine anche grazie al Covid?
Qualcosa è cambiato
Dal mio piccolo osservatorio posso certamente confermare che sono aumentate le persone che, contattando me e le mie colleghe e colleghi, dichiarano di aver rivisto le proprie priorità di vita in relazione al lavoro, e di volersi quindi mettere in cerca di un’occupazione che rispecchi questo nuovo ordine di bisogni.
Non è sicuramente una novità: anche prima della pandemia una delle leve per mettersi alla ricerca di qualcosa di diverso era proprio la discrepanza tra la realtà dei fatti e i desideri dettati dai propri valori; ma non è possibile negare che uno scossone come quello portato dai vari lockdown abbia accelerato la presa di coscienza di molte persone.
Il valore del tempo trascorso con la famiglia, la possibilità di dedicarsi ai propri interessi, la fatica nello svolgere attività viste come prive di senso o lontane dalla propria etica, “solo” per un ritorno economico, spesso non sufficiente.
Oppure, a volte, anche solo la percezione di un mal di pancia di cui è difficile distinguere le cause, perchè abbiamo tante voci che ci parlano, raccontandoci cose in contrasto le une con le altre.
Sentiamo la nostra voce bambina, che ci immaginava astronauti, e ci chiede perchè abbiamo abbandonato le stelle.
Sentiamo la voce di mamma e papà, che hanno insistito per farci prendere quel diploma, così non ci sarebbe certo mancato il lavoro.
Sentiamo le storie dei nostri amici, ciascuno la sua, uguali o diverse dalla nostra.
Sentiamo, percepiamo, quello che la società ci ripete continuamente, sull’importanza di avere questo e quello.
E a furia di sentire, non capiamo più niente. Non capiamo cosa possa essere importante per noi, davvero. Non vediamo quali siano le nostre priorità, perchè non le distinguiamo da quelle degli altri (o da quelle che pensiamo siano quelle degli altri).
Una possibile soluzione
Più facile a dirsi che a farsi, ma un primo passo verso la cura di questo mal di pancia c’è: consiste nel prendersi del tempo per ascoltarsi nel profondo e scoprire i valori che ci muovono.
I valori che stanno alla base della nostra etica, certo, ma anche quelli che influiscono sulla nostra motivazione a fare determinate attività e che ci permettono di andare avanti anche nei momenti di stanchezza.
Abbiamo anche dei bisogni, e quelli li dobbiamo individuare con onestà ed accogliere con benevolenza, per trovare il modo migliore di soddisfarli.
Dimmi la verità: quando è stata l’ultima volta che hai fatto questa riflessione su di te?
Non preoccuparti se la tua risposta ci porta indietro verso un tempo lontano: puoi decidere di farlo adesso, o di scegliere in questo istante di prenderti un momento preciso per farlo (segnalo sull’agenda però!).
E l’esercizio è semplice: metti in ordine di priorità tutte le cose di cui hai bisogno per essere soddisfatto nel tuo lavoro e per mantenere alta la motivazione.
Hai bisogno di una mano? C’è una bella notizia per te: sta per vedere la luce un percorso di gruppo, creato in collaborazione con Chiara Sinchetto, professionista che propone percorsi culturali tra letteratura e filosofia.
Ci faremo guidare dai romanzi che abbiamo scelto accuratamente per stimolare la riflessione, l’empatia, l’ascolto, la ricerca di un nuovo punto di vista.
Se vuoi saperne qualcosa in più puoi scrivermi, o seguirmi sui social: oramai manca solo una settimana al lancio!
Per altri approfondimenti sulla Great Resignation:
Econopoly / Il Sole 24Ore
Linkiesta
The Atlantic