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[Intervista] La UX Designer

E con l’inizio di settembre anche le nostre Bussole tornano dalle vacanze 🙂 

Ospitiamo oggi Chiara Caso, una professionista del mondo digitale, dal ruolo poco noto ai più: quando ci siamo conosciute, qualche anno fa, mi ha letteralmente aperto gli occhi su un mondo che ignoravo totalmente…e devo ammettere che questo è uno degli aspetti che amo profondamente del mio lavoro!

Senza perderci in chiacchiere, lascio subito la parola alla nostra ospite. 

Benvenuta! Parlaci un po’ di te

Ciao, mi chiamo Chiara, ho 39 anni e da quasi 16 anni vivo a Milano, in  cui mi sono trasferita da Roma dopo aver terminato l’università.  Lavoro in una grande azienda del settore media come User Experience Design manager. 

 

Il tuo è un ruolo un po’ particolare, di quelli che si muovono dietro le quinte e di cui magari non ci si accorge, se non quando mancano… Ci racconti bene bene che lavoro fai?

Hai ragione, il mio lavoro si nota soprattutto quando non è stato fatto! Mi spiego meglio: lo User Experience  (UX) Designer ha il compito di progettare l’esperienza di un utente quando usa un prodotto o servizio digitale – ad esempio un’app per smartphone –  in modo che risulti di facile utilizzo e permetta all’utente di raggiungere con soddisfazione  l’obiettivo per cui sta usando quell’app, che sia acquistare qualcosa o prenotare un ristorante.

Per progettare un’esperienza efficace si svolgono diverse attività:

1) Analisi: facciamo attività di ricerca con  gli utenti  –  per comprenderne obiettivi ed esigenze che il prodotto deve soddisfare

2) Product design:  definiamo quali caratteristiche deve avere e come deve funzionare un prodotto

3) Prototipazione: quindi disegniamo il prodotto – rappresentando su wireframes o prototipi come è strutturato e quali sono le interazioni dell’utente  (un esempio banale, cosa deve cliccare e quali pagine deve navigare)

4) Valutazione: di nuovo testiamo con gli utenti il prodotto finito.

È un ciclo che – quando applicato nella sua interezza – ha sempre l’utente finale al centro.

 

 

Come si svolge la tua giornata tipo? Sempre che ce ne sia una!

La giornata tipo in ufficio varia a seconda dello stato dei progetti, ma in genere  si divide tra il lavoro di design vero e proprio (la progettazione),  tante riunioni di confronto con i colleghi di altre aree – dai product manager che indicano i requisiti commerciali del prodotto, agli sviluppatori che lo realizzano tecnicamente. Infine, ma non per ultima, c’è l’attività di ricerca con gli utenti.

 

Che cosa ti piace di più del tuo lavoro?

Moltissime cose! Ma due in particolare sono le cose che mi piacciono di più.

La prima è il continuo evolversi del mio lavoro, legato all’evoluzione tecnologica: quando ho iniziato a lavorare esistevano solo i siti web, poi circa 10 anni dopo sono arrivati gli smartphone e le app, e oggi siamo alle prese con gli elettrodomestici connessi e gli assistenti vocali basati sull’intelligenza artificiale. Quindi chissà cosa ci riserverà il futuro.

La seconda è l’interdisciplinarietà: il mio è un lavoro a stretto contatto con molte aree aziendali, per cui si impara molto di ambiti diversi dal proprio, e a sua volta coniuga competenze molto variegate: dalla psicologia cognitiva alle tecniche di ricerca, passando per il visual design e magari anche un po’ di sviluppo di codice.

Un esempio di wireframe

 

Hai voglia di confessarci anche quello che ti piace di meno? O quello che cambieresti?

Moltissime cose ancora! Scherzo, in realtà c’è un aspetto che mi piace di meno, ed è il fatto che spesso il lavoro dello UX Designer viene percepito soltanto nella sua espressione più immediata, quello del ‘disegno’ e molti pur non avendo nessuna competenza in merito si sentono in grado di valutare e dare indicazioni su come lo farebbero al posto tuo, sottovalutando la complessità del lavoro che è stato fatto per arrivare a un determinato design.

Capita quindi di dover dedicare molto tempo a giustificare le mie scelte, mentre nessuno si mette a discutere come uno sviluppatore ha scritto il codice di un’app, se non ha le competenze tecniche per valutarlo.

La User Experience non è solamente l’interfaccia utente (UI)

 

Da piccola, cosa rispondevi a chi ti chiedeva “cosa vuoi fare da grande?”

Ho attraversato più fasi: ai tempi di Quark volevo fare la naturalista e girare i documentari sugli animali, poi la stilista. E anche la scrittrice! Le idee si sono confuse definitivamente alle scuole medie.

 

Come sei approdata alla tua attuale professione? Quanto impegno hai messo nel progettare il tuo percorso professionale e quanto invece pensi abbia inciso la fortuna, il caso?

Inizialmente il “caso” ha avuto un ruolo abbastanza importante (non potrebbe essere altrimenti considerando il mio cognome): ho studiato Scienze della Comunicazione nella seconda metà degli anni ‘90, ovvero nel periodo in cui Internet ha iniziato a diffondersi come nuovo medium, e ho avuto l’opportunità di collaborare con un docente che stava lanciando un sito di informazione finanziaria.

Per cui ho iniziato a lavorare nel mondo del digitale ancora prima di laurearmi, anche se il focus sui temi dell’interazione uomo-macchina, dell’usabilità e della user experience si è consolidato negli anni successivi e ne ho fatto una professione specifica.

 

Come ti sei preparata per il tuo lavoro?

In buona parte ho fatto molta autoformazione, leggendo libri, facendo corsi – soprattutto all’estero – ma anche direttamente sul campo. L’università mi ha fornito le basi umanistiche e sociologiche che sono molto importanti nel mio mestiere, ad esempio conoscere la psicologia cognitiva, la metodologia della ricerca sociale e la semiotica è molto più importante del saper usare Photoshop per progettare design efficaci.

Oggi esistono corsi di laurea specialistica e master per formare UX Designer molto preparati, 20 anni fa (OMG!) non esisteva neanche il termine user experience design. Quindi la mia generazione ha seguito professionalmente l’evoluzione stessa della disciplina, la nascita e la strutturazione in termini di competenze di questa nuova professionalità.  È stato molto stimolante, ma direi che oggi è sicuramente più facile accedere alla formazione specifica in questo ambito.

 

Quali sono secondo te le caratteristiche imprescindibili di un buon UX designer? Sono innate o si possono in qualche modo acquisire?

Curiosità e tenacia sicuramente. Empatia, intesa come capacità di mettersi nei panni dell’utente, e di verificare sempre le proprie idee, quindi anche molta umiltà. Non è un lavoro che richiede “creatività” in senso assoluto, anche se visto dall’esterno può sembrarlo.

Se le  prime due sono doti innate, l’immedesimazione nell’utente invece si acquisisce, con l’esperienza ma anche utilizzando le  tecniche di ricerca che abbiamo a disposizione.

 

I nuovi media, le nuove tecnologie, il mondo digital hanno creato numerose nuove figure professionali: quali sono quelle con cui collabori a più stretto contatto?

Tra le nuove figure professionali quelle con cui lavoro di più sono i “digital analyst”, ovvero gli esperti dell’analisi del comportamento degli utenti sulle piattaforme digitali, e i “digital marketing / product manager”, che si occupano della promozione e vendita dei prodotti.

 

Cosa diresti a chi sta pensando di fare da grande il tuo lavoro?

Che è una buona idea: oltre a essere molto interessante, è una professione sempre più richiesta, soprattutto in ruoli “junior”: le aziende anche in Italia stanno comprendendo il valore  dello user-centered design e assumono direttamente ux designer, mentre fino a 5-8 anni fa si sarebbero limitati a rivolgersi ad una web agency per fare il nuovo sito.

La rivoluzione digitale sta cambiando i prodotti e i processi delle aziende, l’online non è più solo una vetrina su cui comunicare o vendere, ma una vera e propria piattaforma abilitante  su cui costruire il proprio prodotto o servizio.

Inoltre, anche se non ho dati specifici per l’Italia, è anche una delle professioni del digitale con le retribuzioni migliori. (Come riferimento internazionale potete dare un’occhiata a questo articolo)

 

Ti ringrazio per il tempo che ci hai dedicato. Se ti va, sei libera di aggiungere un pensiero, un aneddoto, un consiglio, una citazione, un’immagine o quello che vuoi.

Chiudo con una citazione di uno dei maestri del design italiano, che ho a portata di vista sulla scrivania come ispirazione:

“Complicare è facile, semplificare è difficile.  Per complicare basta aggiungere, tutto quello che si vuole: colori, forme, azioni, decorazioni, personaggi, ambienti pieni di cose. Tutti sono capaci di complicare. Pochi sono capaci di semplificare…”  (Bruno Munari, Verbali Scritti)

 

* Ti è piaciuta l’intervista? Vuoi leggerne altre? Le trovi tutte alla pagina La Bussola!

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