[Intervista] Il tecnico del suono

Rieccoci con una nuova intervista. Anzi: questa volta mi sono superata e ho per voi addirittura un’intervista doppia!
Un’intervista che attraversa l’Italia, da Milano a Bari, per incontrare non uno, ma ben due tecnici del suono (o fonici, o sound engineer, come preferite) e farci raccontare l’esperienza sia di chi questo lavoro lo fa da un po’, sia di chi ha appena iniziato.
Le storie di Simone (Spettacolando – Milano) e Niki (Vinyl Sound – Bari) hanno molti punti in comune, primo fra tutti la passione per la musica nata innanzitutto in famiglia, ma nelle differenze ci permettono di avere una visione molto ampia di questa professione dalle molteplici sfaccettature. Chi è partito dalla musica per approdare inaspettatamente al teatro, chi vuole coniugare gli studi di marketing alle attività dello studio: la personalità di ciascuno si declina nelle sfumature e nelle peculiarità di professioni che possono, dall’esterno, sembrare identiche.
Prima di lasciare la parola ai protagonisti, una piccola precisazione terminologica: quando parliamo di fonico o tecnico del suono, ci riferiamo alla persona che presidia l’impianto audio durante un evento, e permette al pubblico di godere dello spettacolo; il tecnico di palco, invece, è quello che si occupa dei microfoni e dell’audio del palco, dando la possibilità a chi si esibisce di sentirsi nei monitor e quindi di farsi sentire dagli spettatori. C’è poi il tecnico delle luci, che naturalmente si occupa dell’illuminazione, dai fari sul palco di un teatro, ai giochi di luce dei concerti.
Ciao! Parlaci un po’ di te
Mi chiamo Simone, ho 32 anni e da circa 15 anni faccio questo mestiere, anche se in modo stabile ho iniziato nel 2012, come “titolare di azienda”. Ho un bambino, sono sposato da quasi 10 anni… Che altro dire? Sicuramente la scelta di fare questo mestiere è stata un po’ obbligata dalla passione che mi ha trasmesso mio padre, era giusto che mi ci ritrovassi. Tutti hanno una dote, una capacità, ma non tutti hanno la fortuna di scoprirla. Diciamo che se hai la fortuna di poterlo fare guardi anche al fatto che le scelte che fai nella vita sono più dettate dal cuore che dal portafoglio. Non è che lo vai a tralasciare, il portafoglio, ma a seguire il cuore ne guadagni in qualità di vita ed esperienze di vita.
Mi chiamo Nicola (ma per tutti sono sempre stato Niki), un ragazzo di 22 anni, e studio Marketing e Comunicazione d’azienda in università a Bari. Sono molto appassionato del mio lavoro, sia per la parte relativa allo studio di registrazione che quella dei service, perché è legato alla musica che è un ambito che mi piace molto: ho infatti studiato musica per molto tempo, prima il clarinetto e poi il sax, tuttora suono a qualche matrimonio… anche se poi comunque mi sono specializzato come tecnico del suono e di palco, e questo ambito mi piace pure di più.
Raccontaci bene bene che lavoro fai
Praticamente sono quello che, quando ci sono gli eventi e le manifestazioni, regala (per come lo vediamo noi) un po’ di magia alle persone. Assieme ad un socio ho uno studio/sala prove dove i clienti vengono a suonare, è capitato che venisse anche qualcuno di famoso, ma diciamo che il “carbone” che si mette nella locomotiva della società è la parte che si occupa degli allestimenti che spaziano tra concerti, meeting, conferenze, sfilate di moda, eventi privati, teatro: qualsiasi evento dove ci sia suono, luce, immagine. I famosi “service”, insomma.
Ti dico subito che questo mese sta per uscire uno spot proprio di Vinyl Sound: voglio propormi alle aziende perché possano rivolgersi a me nel momento in cui desiderano costruire uno spot pubblicitario con un jingle personalizzato scritto da me, mentre la parte video sarebbe in collaborazione con altri ragazzi specializzati su quest’area. Mi rendo conto che non è un’attività tipica dello studio di registrazione, ma è un modo per coniugarla con gli argomenti di marketing che sto approfondendo all’università.
Per il resto ora come ora il mio lavoro è per la maggior parte di service, anche perché lo studio di registrazione ha aperto ad agosto: ho già fatto qualcosa registrando delle cantanti o delle voci off per un tutorial o per altri video promozionali (e da qui è nata l’idea dello spot, per far capire che posso offrire anche questo tipo di attività e che ne ho le competenze). Ma soprattutto ho lavorato sia come tecnico di palco che come fonico per eventi sia grossi (lavorando per altri service), sia più piccoli, dove ho utilizzato il mio impianto.
Descrivi la tua giornata tipo (sempre che ce ne sia una!)
La mia giornata tipo mi dà la possibilità, visto che sono anche un papà, di portare mio figlio a scuola tutte le mattine, quindi come tutti i genitori ci si sveglia presto; vengo poi in ditta dove abbiamo la struttura e il magazzino e a seconda degli impegni o restiamo qui per la parte burocratica, i preventivi, il riordino delle sale prove, oppure dobbiamo caricare, uscire, fare l’allestimento… la giornata tipo non dico che non esiste ma è abbastanza soggettiva: diciamo che rispetto a chi è impiegato o operaio e timbra il cartellino e ha la pausa pranzo, noi potremmo decidere oggi di andare a Gardaland tutto il giorno ma lavorare 18 ore filate domani. Si compensa, insomma!
Sì, ho una specie di giornata tipo, nel senso che la mattina studio, mentre il pomeriggio e il fine settimana lo dedico a Vinyl Sound, sia per attività di service all’esterno, che di registrazione; ultimamente passo i pomeriggi dedicandomi sia allo spot che alla creazione di jingle e la registrazione delle voci per lo spot. Nel fine settimana cerco anche di concentrare le registrazioni (per esempio adesso deve venire un coro) e preferisco evitare di registrare in settimana perché, condividendo i locali con l’associazione musicale e culturale Diesis che organizza corsi di canto e musica, ci sarebbe troppa confusione.
Che cosa ti piace di più del tuo lavoro?
Mi piace il fatto che abbia a che fare con la musica, mi piace avere metà della mia giornata occupata dalla musica: riesco a prendere il lavoro con leggerezza, anche se a livello fisico magari mi stanco, in realtà psicologicamente non mi pesa e riesco ad andare avanti delle ore magari al PC a provare dei missaggi, cose così.
Sicuramente, sembra una cosa magari stupida e banale, ma mi piace il fatto di avere la libertà di vestirmi come voglio: come quando hai un negozio e vuoi dare una certa immagine alla tua clientela. A meno di lavori esterni dove è comunque richiesto un certo dress code (penso a una serie di eventi recenti presso i negozi di Sephora), ma se andiamo alla festa della birra di non so dove, lì sembra quasi che fai parte di quelli che vengono a suonare, sei molto mischiato in quello che è il tuo ambiente.
Un’altra cosa è il fatto che è un lavoro dove la passione e l’amore per il proprio mestiere fanno tanto, perché se uno conta le ore di lavoro commisurate a quella che è la tua paga giornaliero, allora si “autoelimina”, come mi è capitato di vedere con alcuni amici o conoscenti che hanno voluto provare ad avvicinarsi a questo campo, ma alla prova concreta dei fatti poi hanno mollato, perché comunque è stressante e penso che non sia un lavoro che possono fare tutti.
Perchè se non hai la benzina della passione per far andare il motore…
Esatto! E di benzina ce ne vuole tanta, perché sia a livello fisico che psicologico è un lavoro pressante, anche se certamente ti dà tanto.
Hai voglia di confessarci anche quello che ti piace di meno? O quello che cambieresti?
Quello che mi piace poco, ma penso anche a tutti quelli che lavorano nel settore, è la situazione specifica del tecnico di palco in un teatro, che sembra stia sempre a girovagare per la sala con un sacco di macchinari e aggeggi addosso, senza sapere cosa fare finchè lo scenografo o il regista gli dicono cosa fare, quali pezzi (le luci, i fari si chiamano così, in gergo tecnico) mettere e dove: ecco, in queste situazioni manca un po’ di libertà decisionale, e oltretutto capita spesso di dover montare e smontare più volte finché non va bene, finchè lo scenografo non ha dato l’OK definitivo.
E poi, visto che oramai si lavora sempre di domenica, un altro punto poco piacevole sono gli orari: gli eventi e le manifestazioni in genere vengono fatte nel fine settimana e quindi quando hai famiglia, un rapporto con un’altra persona, con gli impegni nel weekend si fa un po’ più fatica a gestirli. Ti mangi via un po’ della tua vita ma alla fine è una tua scelta.
Guarda, mi è capitato di portare a mano delle casse per 2 km, quindi diciamo l’aspetto fisico, proprio di stanchezza, relativo ai service. Non capita spesso, per fortuna, ma per esempio quest’estate in paese c’era un evento letterario diffuso nel centro storico, quindi c’erano più postazioni, tra le quali ci dovevamo spostare portando a mano il materiale e allestendolo, il tutto per 3gg. L’ho fatto con piacere, ma sicuramente è stato molto pesante.
Da piccolo, cosa rispondevi a chi ti chiedeva “cosa vuoi fare da grande?”
Da piccolo, me lo ricordo e l’ho ritrovato anche scritto, avevo quest’idea di fare il veterinario. Poi l’amore per gli animali mi è rimasto, e forse è anche per questo che faccio questo mestiere, perché di “bestie” ne trovo moltissime! E un po’ mi ci metto dentro anche io 🙂
Scherzi a parte, mi sono sempre sentito un po’ “diverso” dagli altri, non mi interessava fare il calciatore, e alla fine sono arrivato a fare un lavoro magari non convenzionale, ma che mi rispecchia.
Ecco, da piccolo non pensavo proprio di fare questo lavoro. Volevo studiare ingegneria elettronica, con specializzazione in ingegneria del suono, una cosa così, non ricordo bene, ma volevo avere a che fare con i sistemi audio, per progettarli io. Poi alle superiori è cambiata un po’ la mia predisposizione allo studio, e alla fine ho scelto di studiare Marketing perché mi interessava l’ambito dell’organizzazione degli eventi, sia musicali che aziendali. L’ho scelta un po’ all’avventura, ma alla fine sono stato contento.
Quali strade ritieni ti abbiano portato a svolgere questo lavoro?
Sicuramente il fatto di avere sempre avuto una grande passione per la musica ha aiutato: poi la fortuna/sfortuna di avere una cosa già lì pronta (lo studio era stato creato da mio padre e da altre persone che poi via via se ne sono andate) e quindi l’attività è poi passata in mano a me e al mio socio. Però se non avessi avuto un’attività mia me la sarei comunque creata, o sarei andato a fare il freelance come alcuni amici e colleghi, o comunque avrei cercato in questo settore perché è una cosa che ho sempre sentita mia; negli anni ho avuto la fortuna di iniziare nel mio ambito che è quello musicale, e poi di poter fare esperienze anche nel contesto teatrale, seguire delle tournée, conoscere nuovi settori e accrescere non poco il mio bagaglio culturale e tecnico: qualcuno ha visto le mie potenzialità e mi ha proposto di provarci; io ho detto “perchè no?” e ora quasi mi piace più lavorare in teatro che non nel musicale, perché la figura del tecnico in teatro viene gratificata in maniera diversa, è percepita come più importante per la buona riuscita dello spettacolo.
Tutto è partito dal fatto che mia mamma, insegnante di canto, non aveva dei locali adatti a tenere le lezioni e allora 7/8 anni fa abbiamo comprato questi dove ci troviamo ora; 3 anni fa abbiamo deciso in famiglia di ristrutturarli, renderli insonorizzati e allargarne l’utilizzo anche per un’associazione che potesse organizzare anche altri tipi di corsi oltre al canto. Durante la progettazione ho proposto di inserire tra 2 stanze comunicanti un vetro insonorizzato, e da qui nella mia testa partì l’idea di poter realizzare in futuro anche uno studio di registrazione. Mancava la strumentazione e anche i fondi per acquistarli: mi fu proposto di partecipare a un bando regionale, NIDI (Nuove Iniziative D’Impresa), per giovani fino ai 35 anni, per poter avere dei finanziamenti per avviare l’attività. Dopo una serie di colloqui, controlli, verifica di competenze tecniche in mio possesso, su 3000 domande arrivate, ho fatto parte del 3% che ha avuto accesso ai finanziamenti. Dopo 3 anni dalla presentazione della domanda, ho avuto il materiale 3 mesi fa: quindi i tempi sono un po’ lunghi, ma a conti fatti è stato meglio perché nel frattempo ho potuto dedicarmi all’università.
Quali sono secondo te le caratteristiche imprescindibili richieste per svolgere il tuo lavoro? Cosa non deve mancare nella “cassetta degli attrezzi”?
Uno che fa il mio lavoro deve conoscere la musica: secondo me è una delle cose fondamentali. Per esempio se una cantante stona e chiede di aggiustare la spia perché si sente male e stona, un tecnico che non conosce la musica potrebbe entrare nel panico a cercare di capire come regolare le monitor e si prenderebbe la colpa di aver sbagliato, mentre potrebbe essere semplicemente la cantante a stonare davvero. O quando i gruppi ti chiedono di dare un tempo specifico, devi conoscere la misura del tempo.
Sicuramente sangue freddo, una solida preparazione non solo dal punto di vista tecnico, ma anche una certa predisposizione mentale ad affrontare le emergenze, e senza possibilità di sbagliare (che è il rischio delle attività live). Inoltre intraprendenza e tanta voglia di imparare dagli altri, soprattutto se hai la fortuna di conoscere i “guru del settore”: impari più da loro che facendo dei corsi specifici.
Quindi come ti sei preparato tu e come ci si prepara per questa professione?
Come in tutte le cose bisogna ovviamente studiare; personalmente c’è stato un momento in cui ho pensato di fare una scuola professionale per avere almeno un riconoscimento “ufficiale” di quello che so fare; però alla fine in questo ambito la cosa veramente importante è quello che hai imparato facendo. Io comunque ho avuto la fortuna di avere un padre appassionato e quindi già dai 10/11 anni ho iniziato ad attaccare e staccare cavi, come un falegname che ha imparato stando a bottega dal nonno.
Poi ho fatto comunque dei piccoli corsi, ma soprattutto ho avuto amici più grandi e preparati che mi hanno formato sul campo, quasi degli insegnanti “privati”. E poi tanta tanta tanta pratica e applicazione sul campo: puoi studiare una vita, ma finché non ci metti le mani non sai veramente. Adesso c’è chi esce con il diploma dalla SAE o dal MAS, magari molto più preparati di me dal punto di vista teorico, ma comunque con meno esperienza pratica.
Ho fatto dei corsi come tecnico del suono presso delle associazioni di Bari, con tanto di attestato di partecipazione ma non professionali. Ho seguito invece due master della Shure, questi sì riconosciuti a livello professionale, uno come tecnico del suono e l’altro come tecnico di palco. Ma la maggior parte delle cose le impari autonomamente, mettendo in pratica le nozioni apprese.
Il tuo lavoro è un mix di passione e tecnologia: su quali aspetti occorre restare maggiormente aggiornati?
Dal punto di vista tecnologico questo è un settore in rapida trasformazione, non dico come quello dell’informatica, ma quasi. Soprattutto negli ultimi anni dal punto di vista dell’illuminotecnica ci sono stati diversi cambiamenti, con l’introduzione per esempio dei LED, oppure nella grafica video. Ma dal punto di vista dell’audio le evoluzioni tecnologiche sono inferiori.
Poi dipende dal tipo di cliente che hai e che esigenze ha. Se hai il cliente grosso che ti chiede determinate specifiche per l’allestimento del palco, glieli devi sapere fornire: il nostro impegno è più dal punto di vista tecnologico che della fornitura del materiale, perché tanto quello viene noleggiato, quindi è responsabilità del noleggiatore avere il magazzino aggiornato. Ovviamente non puoi stare al passo su tutto, segui un po’ le esigenze dei clienti e le mode del momento.
Eh, bisognerebbe restare aggiornati su tutto! I software per il missaggio e le registrazioni si aggiornano a vista d’occhio; ma anche il mixer più nuovo potrebbe in poco tempo diventare un pezzo d’epoca. Anche dal lato audio escono sempre tante tecnologie: per esempio sui microfoni prima si usavano quelli a nastro, adesso sono usciti quelli dinamici a condensatore. Insomma, bisogna sempre restare al passo.
Come fai a restare aggiornato? Ogni casa di produzione ogni tot fa dei master di aggiornamento sui nuovi prodotti, o su temi molto specifici (come microfonare una batteria, come direzionare i microfoni in un evento particolare…). Sono utili e non costano tanto, a volte sono anche gratuiti; in ogni caso costano molto meno di un anno all’accademia, e impari le stesse cose.
Quali sono le figure professionali con cui ti devi interfacciare nel tuo quotidiano?
Nel mio caso si dividono in 2 categorie: se il cliente è nostro, mi interfaccio direttamente con lui, chiedo di cosa ha bisogno, faccio un sopralluogo, preparo un preventivo, allestisco, smonto e fine. Se la struttura è più complessa, allora parlo con il direttore di produzione, il manager della band, il direttore di palco, il tecnico a seguito del gruppo; ma anche con la compagnia teatrale, il registra, lo scenografo, il direttore della fotografia.
Soprattutto con i musicisti, oppure gli organizzatori degli eventi, che ci dicono dove disporre il materiale, ma la figura principale restano i musicisti, sia in studio che quelli che suonano sul palco, e correlata a loro anche la figura del manager, ma solo in caso di eventi.
Mi piacerebbe poi che si creasse un clima di collaborazione più che di competizione, con gli altri service, valorizzando i punti di forza di ciascuno che possono colmare le lacune degli altri.
La tua esperienza ha un carattere molto imprenditoriale: è una condizione necessaria o c’è la possibilità di ricoprire questo ruolo anche come dipendente? È più facile forse proporsi come freelance?
Chi non può mettersi in proprio sicuramente può intanto iniziare affiancandosi ad altri studi; l’unica cosa è che adesso per quello che riguarda la parte di registrazione, molti gruppi emergenti preferiscono acquistare un software e registrarsi un demo in casa, piuttosto che pagare uno studio dove comunque il risultato sarebbe più professionale, e quindi sotto questo aspetto c’è un pochino più di crisi. Il grosso del guadagno, diciamo in misura dell’80% per quello che ci riguarda, viene sicuramente dalle attività di service all’esterno.
Ho molti colleghi che lavorano come freelance, anche con me, solo che in questo caso sei un po’ vincolato, perché se ti chiamano da qualche parte è difficile che tu abbia una grande attrezzatura; hai il vantaggio di arrivare sul posto, lavorare e basta, senza il peso della parte commerciale e burocratica, anche se devi sempre aspettare che qualcuno ti chiami. Lavorare fissi per altri service è possibile, ma solo per strutture molto grosse, e non sono molte, oltre a dover avere un certo tipo di curriculum; gli altri sono, appunto, freelance o soci lavoratori.
Ma un ragazzo che esce dal MAS o dal SAE, che hai citato prima, che prospettive può avere?
C’è una società, che si chiama DOC Servizi, nata proprio come agenzia rivolta ad operatori del settore: elettricisti, fonici, macchinisti, rigger, facchini, roadies…e anche a me è capitato di chiamarli per chiedere del personale. Quindi per iniziare va benissimo, il lavoro non manca certo, soprattutto per alcune figure un po’ particolari che scarseggiano.
Cosa diresti a chi sta pensando di fare da grande il tuo lavoro?
Se vuoi fare questo lavoro, vai avanti sulla tua strada: quando c’è la passione è bello poterla concretizzare.
Sicuramente gli direi che deve essere sufficientemente pazzo per entrare in questo settore: nel bene o nel male non conosco nessun tecnico che sia del tutto “regolare”! 😀
Ci vuole poi un sacco di voglia, perché altrimenti rischi di diventare l’”impiegato“ del teatro che apre e chiude il sipario e va a casa.
Quindi vale la pena provarci?
Nella vita vale la pena fare tutto, se sei convinto di farlo; se non lo sei, meglio lasciar perdere a priori. Poi puoi anche essere convinto e lanciatissimo e poi andarti male, ma se alla prima difficoltà molli e lasci tutto, allora forse hai sbagliato qualcosa in partenza; però alla fin fine è anche questione di carattere.
In questo settore comunque non ci si può improvvisare, la preparazione è tutto, e se non sei competente prima o poi l’incapacità salta fuori. Il merito magari ci vuole un po’ perché emerga, ma la soddisfazione poi arriva.
Ti ringrazio per il tempo che ci hai dedicato. Se ti va, sei libero di aggiungere un pensiero, un aneddoto, un consiglio, una citazione, un’immagine o quello che vuoi.
Come mio solito ho parlato già fin troppo, però la cosa che secondo me chiunque dovrebbe fare, soprattutto in questo settore, è pensare che con il suo lavoro sta regalando un po’ di magia alla gente. Magari è una cosa esagerata, azzardata, ma sei comunque parte integrante della buona riuscita di quello che stai facendo: e oltretutto, se una cosa va bene è anche merito tuo, ma se va male, è sicuramente colpa tua 🙂
L’unica cosa che mi viene da dire è “Segui le tue passioni: se vanno, meglio così; altrimenti, almeno ci avrai provato”. Io ci sto provando, e poi vedremo come andrà.
* Ti è piaciuta l’intervista? Vuoi leggerne altre? Le trovi tutte alla pagina La Bussola!