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[Intervista] L’insegnante di scuola primaria

Una delle nostre prime ospiti è stata Marta, insegnante di scuola dell’infanzia. Il tempo passa, i figli crescono e le mamme imbiancano, quindi dopo quella che una volta si chiamava scuola materna, inesorabilmente si passa a quella che ora pare si chiami scuola primaria (e ne sappiamo qualcosa noi, che proprio quest’anno abbiamo inaugurato la stagione di cartella/astucci/quaderni/diario/libri). Per fortuna abbiamo incontrato delle ottime maestre, categoria di cui fa parte anche la nostra intervistata odierna, che sprizza entusiasmo e amore per il proprio lavoro e lo infonde in ogni parola.

Benvenuta! Parlaci un po’ di te!

Sono Carolina, ventinovenne ancora per un po’ di mesi: a Settembre entrerò definitivamente nell’era degli enta, un passaggio importante, che ti fa sentire ormai GRANDE! Ebbene sì, il 2017 sarà un anno di cambiamenti, riuscirò anche a mettermi una fede al dito 😉
Detto ciò, sono una persona socievole, altruista e sensibile, a volte fin troppo ma se così non fosse non sarei io! Amo stare in mezzo alla gente, viaggiare, esplorare nuove mete, ma non nego che l’attrattiva del divano con un buon libro e copertina rimane sempre forte.. insomma sono anche pantofolaia! L’importante è mantenere sempre il giusto equilibrio.

Ci racconti bene bene che lavoro fai?

Che lavoro faccio? Faccio IL lavoro più bello del mondo. Un lavoro che in apparenza sembra semplice, un lavoro che ti occupa poco tempo (a detta di molti), un lavoro dove hai tre mesi di vacanza (di cosa ti lamenti?)… in realtà si tratta di un lavoro dove le responsabilità sono molte perché nelle tue mani c’è la crescita formativa di tanti bambini. Un lavoro che ho scelto per PASSIONE e non di certo per la retribuzione, quella non bisogna nemmeno considerarla, altrimenti finirai per deprimerti e scoraggiarti vista la situazione degli insegnanti in Italia.

Già, sono un’insegnante, di scuola primaria per esattezza. Quest’anno i miei bimbi sono in terza: ho avuto la fortuna di iniziare con loro dalla prima e se tutto va bene, li accompagnerò fino in quinta, per farli poi volare verso una nuova esperienza.
Mi hanno affidato l’ambito linguistico (evviva!), la matematica mi è sempre stata un pochino ostile, sono riuscita a fare “pace” con lei solo al liceo dove ho avuto la fortuna di incontrare una professoressa che è riuscita a trasmettermi la passione per numeri, equazioni, sistemi… ma comunque l’ambito umanistico rimane sempre privilegiato.

Descrivi la tua giornata tipo (sempre che ce ne sia una!)
Non posso dire di avere una giornata tipo. Mi alterno nel lavoro con la mia collega, che si occupa dell’ambito logico-matematico. Normalmente quando lei lavora di mattino, io faccio la mensa e il pomeriggio e viceversa, ma non è sempre così. Terminato l’orario curricolare , mi fermo spesso a  correggere compiti, progettare nuove attività.. insomma la scuola è un po’ la mia seconda casa. Da quando sono entrata in ruolo, ho cercato di ridimensionare il tempo a scuola. Quando insegnavo a Cantù, in un istituto paritario, vivevo praticamente a scuola. Era tutta la mia vita, non esisteva altro; ma anche così non è corretto. Finalmente ho imparato che nella vita, per quanta passione hai, non esiste solo il lavoro. Come dicevo prima.. è sempre una questione di equilibri.

Che cosa ti piace di più del tuo lavoro?
La relazione con i bambini, senza dubbio. Essere insegnante vuol dire condividere con il bambino il processo di crescita, mentre lo si conduce sulla strada dell’apprendimento e del confronto con la vita e, nel prenderlo per mano durante il cammino, si ha la possibilità di ammirare il valore di ciascun piccolo, il quale è talmente immenso da essere inspiegabile.

“Qui ero in Germania, in una scuola di Amburgo, dove ho fatto la tesi”

La cosa ancora più bella di questo percorso insieme è che per quanto un’ insegnante pensi di dare al bambino, gli ritornerà indietro un dono molto più grande. Forse sta proprio qui il concetto più inspiegabile: solo attraverso l’esperienza quotidiana l’insegnante può comprendere questa gratificazione.
Cerco quindi di essere una maestra  presente nella vita dei miei bambini con una proposta chiara,     come punto di riferimento reale che possa far si che sappiano sempre che io ci sono e sono lì per loro, senza togliere la fatica di crescere, ma dando un senso alle difficoltà da affrontare.
Un’insegnante che sceglie ogni giorno di tornare in classe non perché è il mio lavoro e non ho alternative, ma perché ogni giorno so che mi aspetta un’avventura entusiasmante, perché mi aspetto che quel giorno succederà qualcosa di unico e di importante.
Un’insegnante certa che insegnare è la possibilità di incontrare il mistero dell’altro, è una vita nuova che ti propone cose che non puoi prevedere in anticipo, che ti fa ricominciare e buttare in aria tutto ogni mattina.

Hai voglia di confessarci anche quello che non ti piace? O quello che cambieresti?
Amo tutto del mio lavoro, ma se posso ammettere una fatica che a volte si vive, è da collocarsi nel rapporto con i genitori. Non per tutti… Attenzione! Negli anni sono riuscita ad instaurare buoni legami di collaborazione e supporto vicendevole, in alcuni casi se non ci fossero i genitori tante iniziative e attività non potrebbero trovare la loro attuazione. Purtroppo però non è sempre così: spesso la collaborazione si trasforma in un ostacolo, un muro, una mancanza di fiducia. Ed ecco che chi ne risente non sono che i bambini; noi insegnanti perdiamo di autorevolezza davanti ai loro occhi, perché ricoperte di critiche e accuse espresse dai genitori davanti al figlio. È qui invece che l’età adulta dovrebbe farsi valere.

foto di Pexels – da pixabay

Altro aspetto che cambierei riguarda i materiali e gli strumenti della didattica quotidiana. Purtroppo, si sa, i soldi sono sempre pochi, e siamo costrette a fare i conti con le risorse disponibili. La sfida è anche questa!

Hai sempre saputo di voler fare questo lavoro, o l’hai capito tardi? E come l’hai capito?
Ho sempre amato sin da piccola giocare a fare la maestra, sistemavo sul mio letto tutti i pupazzi che in poco tempo si trasformavano in alunni “soldatini” con i quali mi divertivo ad interagire; prendevo spunto e mettevo in scena pari pari il comportamento delle mia adorate maestre, dall’asilo alla scuola primaria. Crescendo ho sentito sempre più il bisogno di scegliere una professione a contatto con i bambini. Il mio desiderio iniziale era quello di diventare una logopedista, poi purtroppo non essendo riuscita ad entrare in graduatoria, causa numero estremamente ridotto di posti ed elevate iscrizioni, ho optato per un altro test d’ammissione.

Veniamo quindi al percorso di studi: come ti sei preparata per il tuo lavoro?
Ho frequentato il primo anno di Scienze dell’Educazione in Cattolica, successivamente avendo capito definitivamente che desideravo insegnare ho fatto il passaggio alla facoltà di Scienze della Formazione Primaria, frequentando per altri 3 anni. Contemporaneamente ho svolto il tirocinio in più scuole e iniziato a fare qualche supplenza. Nel 2012 mi sono iscritta al concorso ordinario, sono riuscita a superarlo e nel 2014 sono stata immessa in ruolo.

Cosa diresti a chi sta pensando di fare da grande il tuo lavoro?
Non voglio essere ripetitiva, ma ritengo che insegnare sia un lavoro speciale e meraviglioso. Richiede però tanta passione e impegno. Non si scherza con i bambini e le responsabilità sono davvero tante, così come le soddisfazioni e gratificazioni. L’importante è non sentirsi mai arrivati, la formazione  e l’aggiornamento costante sono fondamentali, è necessario reinventarsi in continuazione, variando le proposte perché gli alunni sono in continua evoluzione. Ricordo sempre le parole di un ottimo professore universitario: “Insegnare è una professione culturale e, pertanto, richiede senso critico ed equilibrio; è una professione sociale, che si esplica nel rapporto con le persone: richiede rispetto, attenzione, capacità e voglia di valorizzare le individualità, coraggio nel richiamare, serena fermezza nel correggere …. Va scelta da chi la “sente” come una prospettiva effettiva per sé, coerente con i propri atteggiamenti e desideri.”

foto di klimkin – da pixabay


Cosa diresti alla “giovane te stessa” di quando avevi 10/15/20 anni?
“Brava, avevi già le idee più o meno chiare”! Forse mi è servito giocare ad imitare le mie maestre delle scuole elementari (all’epoca si chiamavano così 😊), cercando di cogliere ed assorbire i loro grandi insegnamenti. Una in particolare la ricordo ancora con tantissimo affetto.

Ti ringrazio per il tempo che ci hai dedicato. Se ti va, sei libera di aggiungere un pensiero, un aneddoto, un consiglio, una citazione, un immagine o quello che vuoi.
Grazie a te per avermi dato la possibilità di soffermarmi e riflettere sulla bellezza del mio lavoro. Concludo regalandovi una piccola storia che racchiude il vero significato che ogni bambino ha per me.

AL MASSIMO PUOI DIRE…
CHE UNA PARTE DI LUI TI APPARTERRA’ PER SEMPRE!
“ C’era una volta una donna molto importante e molto colta,
aveva sempre le risposte a tutte le domande
e tutte le persone andavano da lei per qualunque problema.
Di cosa sono fatte le nuvole?
Spiegaci perché il sole è caldo!
Raccontaci di quando Dio ha creato l’uomo!
Parlaci di quello che succedeva mille anni fa…
Tutti si fidavano di lei e lei ne era felice.
Un giorno un uomo che non aveva figli e che ne
desiderava uno le chiese: “Descrivimi un bambino”!
Rimase un po’ meravigliata nell’udire questa domanda
e rispose che ci avrebbe pensato su un po’.
Era difficile descrivere un bambino, perché lei sapeva che non c’era
su tutta la terra un bambino uguale ad un altro,
cosa poteva descrivere? L’aspetto fisico? Le sue capacità?
La sua mente? Le sue possibilità? La sua storia?
Non sapeva proprio come rispondere e continuava a pensarci.
Non dormì per molte notti e non riusciva a darsi pace durante il giorno.
Tutti ormai nel paese aspettavano la sua risposta e c’era già
chi scommetteva che non sarebbe riuscita a darne una convincente:
stava aspettando troppo e non era mai successo…
Finalmente dopo molti giorni la donna saggia andò dall’uomo
e gli disse: “non posso risponderti perché quello che un
bambino è non sta dentro ai libri e non bastano le parole per dire chi davvero è,
solo se conosci un bambino, solo se condividi con lui le sue paure,
le sue ansie, i suoi sogni, i suoi desideri, la sua vita e solo se lo ami
puoi sapere chi è e neanche allora puoi raccontarlo ,
al massimo puoi dire quello che l’incontro con lui ti ha lasciato,
puoi dire che una parte di lui ti apparterrà per sempre!”

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